LAOS
9 gennaio – arrivo a Luang Prabang dopo 2 giorni e 3 voli: Malpensa-Muscat (15h di scalo) Muscat-Bangkok e Bangkok-Luan Prabang quest’ultimo con un turboelica ATR 72
. Alloggio alla Ghuethouse Cold River prenotata su Booking (71$ per 3 notti).
10-11 gennaio – giornate dedicate alla visita di questa bellissima e tranquilla città, la seconda del Laos dopo la capitale Vientiane. Il Palazzo Reale, il Wat Mai il monastero più sontuoso dalla città, la salita lungo la scalinata che porta al Phu Si, la collina che sovrasta la città. E ancora il tempio di Wat Pa Phai e il Wat Xieng Thong il più celebre e frequentato dei monasteri della città
. Al mattino passeggiata tra le animatissime bancarelle del “morning market” lungo la via che scende lungo la sponda del Mekong
; la sera visita d’obbligo al “night market” prevalentemente rivolto ai turisti di passaggio ma non per questo meno interessante
. Merita assolutamente l’uscita in barca sul Mekong per ammirare i colori di un tramonto spettacolare. Io ho contrattato con un “barcaiolo” locale evitando i barconi quasi sempre pieni di turisti pagando il medesimo prezzo: 2h 15$ ma io godevo di una barca tutta per me
. Da non perdere poi la partecipazione al Tak Bat la questua mattutina dei monaci buddhisti che si tramanda da due millenni; si tiene ogni giorno all’alba, ma è una levataccia che vale la pena sostenere
. Dopo una dozzina di tentativi senza fortuna riesco finalmente a trovare una moto a noleggio che non sia uno scooter presso la Tiger Trail una agenzia che mi mette a disposizione una Honda 250cc piuttosto datata (…e malconcia) ma che fa pienamente a caso mio.
L’indomani ho già acquistato il biglietto per lo “Slow boat” su cui caricherò la moto e risalirò il Mekong sino a Huay Xai; una navigazione di due giorni con sosta per la notte a Pak Beng.
12-13 gennaio – Pronti via e la moto non parte! Una spinta e via a fare il pieno….e la moto no riparte; altra spinta, torno alla guesthouse e chiamo l’agenzia dicendo loro che mi serve una batteria nuova dal momento che quella in uso e morta. Problema è che devono darsi da fare subito perché il battello parte alle 8.30 dallo Slow Boot Terminal che dista 7 km. Fortunatamente arriva un ragazzo con una batteria nuova; problema risolto e via all’imbarco. E qui viene il bello perché non c’è nessun accesso possibile per la moto; no problem mi dicono basta chiedere l’aiuto di qualche ragazzo e su di peso adagiando la mia Hondina sulla piccola piattaforma a prua del battello. Un cinema, ma avendo già vissuto in altre occasioni circostanze di questo tipo ho seguito il tutto divertendomi da spettatore.
Questi Slow Boat sono il mezzo più economico per percorrere questo straordinario anche se inquinatissimo fiume (inspiegabilmente però ricco di pesce) e questo ovviamente a discapito del confort, ma assicuro ne ne vale assolutamente la pensa! Certo due giorni bastano e un terzo sarebbe di troppo. I sedili sono delle vecchie poltrone di bus dismessi e a bordo ci sono comunque i sevizi igienici e una sorta di bar e a tenerci compagnia la musica del generosissimo motore. Faccio conoscenza con due ragazze e un ragazzo svizzeri che viaggiano in bicicletta diretti in Thailandia così come di Douglas, un simpatico americano della Florida zaino in spalla. Di tanto in tanto il battello sosta per caricare o scaricare passeggeri locali per poi riprendere la navigazione e farci godere questo angolo di mondo ed il suo imponente corso d’acqua. Arriviamo a Pak Beng che fa quasi buio; la moto rimane a bordo e prendo al volo un tuk-tuk che mi accompagna in una graziosissima guesthouse con annesso ristorante vista fiume. Sigaro di rito e a nanna. L’indomani torno all’imbarco e sorpresa occorre cambiare battello con conseguente avventuroso trasbordo della moto. Si riparte e dopo un’altra intera giornata di navigazione siamo a Huay Xai il cui ponte segna il confina tra Laos e Thailandia; qui le operazioni di scarico della moto sono meno complicate ma richiedono comunque l’aiuto di 4 volonterosi. Carico la moto e la prima guesthouse che trovo fa al caso mio; non è un granché ma per 5$ una singola con bagno va più che bene.
Saluto i ragazzi svizzeri mentre Douglas opta anche lui per la stessa mia location. Ceniamo insieme nel miglior ristorante locale la “Terrasse Restaurante & Chill Place, così almeno afferma Douglas, una scelta rivelatasi più che vincente anche se ci è costata il doppio della camera.
14 gennaio – da Huay Xai a Luang Namtha (280 km). Finalmente in sella!!! Poche ore divertentissime su strada assolutamente più che accettabile e soprattutto che si snoda su e giu tra le montagne immersa in una natura che certo non ha i colori della stagione delle piogge, ma che appaga sicuramente la guida. Luang Namtha non offre granché se non la possibilità di praticare trekking o rafting e kayak sul fiume che l’attraversa. Notte per i soliti 10$ alla Thoulasith Guesthouse occogliente e pulita.
15 gennaio -da Luang Namtha a Nong Khiaw (230km) bellissima strada anche oggi su e giu per questa regione montagnosa del Laos settentrionale. La strada è sempre asfalto in alcuni tratti dissestato o in corso di manutenzione, ma nulla di grave. Attenzione però a non farsi distrarre troppo dal paesaggio perché le buche sono sempre in agguato e finirci dentro sarebbe un guaio. Lungo la strada mi fermo un paio di volte per il rifornimento e qua nei piccoli villaggi che attraverso; non ho fretta e voglio godermi queste strade nel migliore dei modi. Arrivo nel primo pomeriggio a Nong Khiaw, un villaggio attraversato dal Nam Ou un affluente del Mekong; ne avevo letto bene di questo luogo e in effetti il risultato non ha tradito le attese. Mi fermerò tre notti e alloggio al Tonghdam Guesthouse, un soluzione dignitosa a 12$ la notte.
16 gennaio -Nong Khiaw- Mi rivolgo ad una delle numerosissime agenzie che propongono escursioni di ogni genere e mi accordo per una barca tutta per me con la quale risalire il Nam Ou fino al villaggio di Muang Ngoy di cui avevo letto e sapevo meritare una visita. Un’ora abbondante per arrivarci con una delle piccole imbarcazioni locali al cui comando il simpatico “Charlie”. Muoang Ngoy è davvero una chicca e passeggiare pigramente tra le sue viuzze animate dai suoi abitanti che non si sottraggono alla mia richiesta di una foto, anzi vi si prestano sorridenti è davvero piacevole. Cè anche un piccolo ma grazioso monastero che non manco di visitare. Prima di risalire in barca mi godo un the seduto sulla veranda di un bar che domina il corso del fiume. Sulla via del ritorno Charlie si ferma invitandomi a visitare un paio di villaggi dove anche in questo caso i locali, per lo più dediti alla pesca, mi accolgono sorridenti. Faccio ritorno alla mia guesthouse felice per questa giornata ben spesa.
17 gennaio – Nong Khiaw – sempre con l’agenzia del giorno prima mi accordo per una uscita di pesca sul fiume, al timone della quale un ragazzo sveglio che parla anche un ottimo inglese. Per la pesca utilizza una rete che è in pratica un tremaglio di quelli un tempo diffusi anche sul nostro lago; una rete lunga una settantina di metri alta 80cm. Il ragazzo la cala più volte in luoghi diversi risalendo il fiume, ma il bottino e assai magro con solo di miseri pesci catturati. Ci verniamo sulla riva del fiume dove il ragazzo accende un fuoco e dopo averli puliti predispone i due pesci a cuocere sulla brace. In realtà poi sono più le spine che la carne peraltro anche saporita, il tutto accompagnato dal solito riso e dal “kai baan” un’alga del Mekong tagliata a pezzetti e fritta velocemente in olio aromatizzato e semi di sesamo davvero ottima. Prima di cena risalgo il ripido sentiero che porta ad un punto panoramico dal quale godere di un tramonto da favola; una fatica per ripagata.
18 gennaio – Nong Khiaw-Van Vieng- risalgo sulla mia Hondina e mi sparo 380 km, qualcuno in più del previsto in quanto superata Luang Prabang prendo una strada che porta sì anch’essa a Van Vieng, ma attraverso un continuo saliscendi su strada asfaltata sì, ma dove sono più i tratti sterrati o in manutenzione di quelli realmente asfaltati. Che poi, anche quando il fondo pare regolare in realtà è disseminato di buche cui devo costantemente prestare attenzione zigzagando di continuo. Per coprire questa distanza mi ci sono volute quasi 10h, ma anche in questo caso ne è valsa la pena nel senso che sembrava tornassi indietro di decenni con il bagaglio legato in qualche modo, niente gps, niente taniche o copertoni di scorta, niente abs o controllo di trazione….solo tanta voglio di viaggiare in libertà. Stanco ma appagato mi sistemo alla “Nice view Guesthouse” confortevole e a buon prezzo. Ceno al bar/ristorante vicino e scopro che il proprietario è un Irlandese stabilitosi qui appassionatissimo ti moto; un personaggio singolare e simpatico.
19 gennaio – giornata relax con visita alla “laguna blu 1” che è probabilmente l’attrazione maggiore qui a Van Vien. Ve ne sono altre in realtà e sono delle grosse pozze d’acqua che poi alimentano il Nam Song il fiume che attraversa la città e che poi sfocia anch’esso nel Mekong. In realtà questa laguna è qualcosa di puramente turistico apprezzatissima anche dai locali; si paga un ticket d’ingresso (pochi spiccioli) che consente di farci un bagno refrigerante. Se però si ha voglia di faticare un po' salendo un sentiero ripidissimo in una quindicina di minuti si accede a delle grotte spettacolari all’interno delle quali si trova anche una bellissima statua bronzea di un Buddha disteso. Dei ragazzi che si divertivano nelle pozze non ne ho incrociato nessuno, ma salendoci ne è valsa assolutamente la pena.
Nella via principale che attraversa la città e che scende al fiume si trovano alcune bancarelle dove si possono gustare panini spettacolari (1,5€) da riempirsi a piacimento con omelette, bacon, cipolle, insalata, pollo, tonno, ecc.) mentre per la sera cena al ristorante adiacente la guesthouse, il Gary’s Irish Pub il cui titolare è un simpatico irlandese appassionato motociclista conosciuto già ieri e che alla fine quando chiedo il conto mi risponde sorridendo: “nothing my friend”!
20 gennaio – Van Vieng-Luang Prabang (190km) Oggi decido di fare il percorso alternativo a quello di ieri l’altro arrivando qui e a Kasi prendo a sx (il cartello indica direzione Luang Prabang a dx) con google map che mi da 172 km alla destinazione, una quarantina in meno dell’altro percorso. Già, ma se google map e il cartello indicano d’altra parte una ragione ci sarà….ma chissenefrega! E così dopo una manciata di km di strada buona questa inizia a salire e iniziano anche i problemi. I tratti di asfalto, malconcio, sono pochissimi e per 50km è un susseguirsi di terra, ghiaia, sabbia e tanta, tantissima polvere. Sorpassare i camion che procedono a 10kmh vuol dire farlo letteralmente al buio, e lo faccio incrociando le dita di non imbattermi in qualcuno che arriva dall’altra parte. Dietro di me un Cingalese su una Yamaha 125 di cui perdo subito le tracce e un gruppo di Thailandesi con MaxiEnduro superaccessoriate in evidente difficoltà. Arrivo comunque a scollinare e siamo a 1800m di quota e a differenza dell’altro percorso è di fatto l’unica salita e non un continuo saliscendi come nell’altro caso. Vedo asfalto buono, ma non mi illudo….e mi sbaglio perché da lì a Luang Prabang la strada è fantastica, ottimo asfalto e persino poche buche qua e là. Alloggio al Soutikone Place House dove mi fermo tre notti (61€) prima di volare ad Hanoi. Riconsegno la moto al “Tiger Trail” l’agenzia che me l’ha noleggiata e mi godrò in tranquillità questa splendida Luang Prabang. Ripensando a quei 50km beh di strade difficili ne ho fatte molte anche in passato e questa è stata tra le peggiori in assoluto (….sarà anche per via degli anni che passano…), ma comunque abbiamo portato a casa la pelle ed è ciò che conta.
21/22 gennaio – Luang Prabang – due giorni per riposarmi e godermi appieno questa città. Ho imparato a muovermi senza ricorrere ai simpatici e comunque economici tuc-tuc. Passeggiare tra le vie, i mercati e il lungofiume è un piacere e una fatica riposante, così come oziare per un paio d’ore con un birra o un concentrato di frutta (buonissimi) affacciato sul Mekong. Sarà forse il suo scorrere lento e silenzioso con barche che lo solcano e che sorprendentemente sembrano prive di motore tanto siano silenziose anch’esse; sarà questo o il fascino della città che trasmettono alla fine una sensazione di benessere e di pace. Prendo anche uno di quei “traghetti”,…si fa per dire, che trasportano una mezza dozzina di auto, motorini e persone dall’altra sponda del Mekong, dove c’è anche un piccolo monastero. Il trasbordo costa per 0,27€ (0,055 per i locali) in alternativa volendo ci sono sempre i “barcaioli” che per lo stesso servizio si accontentano di 1€. Un panino a mezzogiorno e per la sera uno dei tantissimi “street food” all’ingresso del Night Market è il modo migliore per chiudere la giornata. Poi alla Guesthouse un buon sigaro in terrazza.
VIETNAM
23-24-25 gennaio – HANOY – Nel pomeriggio volo Lao Airlines con un ATR 72 turboelica
e in un’ora esatta sono ad Hanoi dove in aeroporto trovo ad aspettarmi l’autista che mi porta al Dragon Pearl Hotel, un modesto albergo di cui avevo letto ottime recensioni. Documentandomi con la solita guida Loney mi organizzo per visitare le attrazioni più interessanti di questa animatissima città con 8 mil di abitanti. L’albergo è in una zona ideale perché relativamente vicina sia alla “old town” che al resto dei musei, templi o monumenti più importanti. Questo mi consente dio muovermi prevalentemente a piedi o tuttalpiù con i mezzi locali più tradizionali e meno costosi di un taxi come i tac-tuc a pedali o gli scooter che offrono passaggi per pochi spiccioli. Il lago Hoan Kiev, il ponte di Long Bien
, il Mausoleo di Ho Chi Minh
, la Cittadella Imperiale
, Il Museo della Storia Militare
, Tempio di Bach Ma
, Il Tempio della Letteratura
e tanto altro, ma soprattutto il suo quartiere vecchio dove sedersi ad uno dei tavolini sorseggiando una birra magari dopo il tramonto è il modo migliore per chiudere la giornata. Che dire poi del numero incredibile di motorini che anima strade, stradine e vicoli della città in un andirivieni frenetico ed incessante; beh, alla fine niente di che rispetto a quello che avevo visto in India
.
26-27 gennaio – Halong Bay – con l’hotel prenoto l’escursione alla Halong Bay fidandomi della ragazza della reception concordando un prezzo di 162$ per una notte in barca, 2 pranzi + 1 cena e 1 colazione a bordo. Il prezzo è nella media delle proposte disponibili non top di gamma. La scelta si rivela straordinariamente azzeccata. Sulla imbarcazione siamo 16 in tutto (ovviamente unico italiano), la cabina singola con bagno privato è più che buona e il servizio a bordo di prim’ordine inclusa la guida che è un vietnamita che parla un ottimo inglese, gentile e disponibile. Nel pomeriggio ci fermiamo su una della tantissime isolette dove possiamo entrare a visitare una bellissima grotta e a seguire, per i più temerari vista la giornata uggiosa e non particolarmente calda, un bagno nelle acque cristalline della baia; rinuncio senza esitazione
. Cena assolutamente valida e un sigaro sul ponte per chiudere al meglio la giornata. Faccio conoscenza degli altri ospiti con i quali scambiare piacevolmente quattro chiacchiere; due coppie di ragazzi inglesi, una famiglia australiana (genitori e due ragazzi), altri due inglesi di mezza età che si accompagnano con due donne locali, mamma Panamense e la figlia da poco a Milano dove frequenta la Bocconi (non conosce ancora la nostra lingua) e una signora Svedese con la quale familiarizzo piacevolmente. L’indomani colazione e uscita in kayak in una piccola baia dove tra l’altro è attiva una coltivazione di ostriche; interessante il processo di lavorazione che ci viene mostrato. Divido il Kayak con la Sig.a Svedese che se la cava con la pagaia anche meglio di me
. Ritorniamo sulla barca e dopo il pranzo a bordo di nuovo in porto e quindi sul pulmino che ci riporta ad Hanoi. Faccio un salto al Rental Motorbike Vietnam dove avevo già concordato il noleggio della Honda 150cc con la quale viaggerò sino a Saigon. Prezzo pattuito con il simpatico e competente proprietario 262$ per 16 giorni con riconsegna a Saigon
28 gennaio – Il ragazzo del Rental Motorbike
mi porta puntualmente la moto all’Hotel e lasciata Hanoi mi dirigo a Sud lungo la Ho Chi Minh Road una rete di strade che corrono nella fascia centrale del Vietnam, tracciate nel corso della guerra per volere dei presidente Ho Chi Minh allo scopo di garantire un supporto logistico ai Viet Cong
. L’asfalto di queste strade è ottimo e consente di evitare la A1 costiera iper trafficatadove alloggio e via in direzione Sud con una prima tappa di 150km ca sino a Mai Chau, anzi per la precisione a Lac
, un luogo incantevole dove alloggio in una piccola guesthouse a 17$ camera con bagno e colazione
. È un luogo caro ai vietnamiti dei dintorni che qui vengono a trascorrere i we; non vedo altri turisti in giro, ma alla guesthouse vengon avvicinato da due giovani coppie e i loro bambini. Lê Minh e Trang Dào sono le due giovani mogli e parlano un poco di inglese e questo ci consente di poterci conoscere. Sono molto carine così come gentili e simpatici i mariti che però non masticano una sola parola di inglese
. La sera ceniamo insieme in uno dei ristorantini sulla via principale di questo piccolo villaggio dopodichè un caffè tradizionale e Karaoke; si perché in Vietnam è un modo di passare la serata tra amici molto diffuso. Anche la bella Trang Dào si esibisce al microfono ed è anche molto brava. Un “rise wine” attorno al fuoco per chiudere al meglio la serata
.
30 gennaio - Mai Chau
29 gennaio - Mai Chau-QûaLò (una puntatina sull’Oceano) 194km
Qûa Lò è una cittadina sul mare che mi pare di capire sia un luogo di vacanza apprezzato dai Vietnamiti. È inverno anche qui, fa freddino e non c’è anima viva in giro. Pochissimi alberghi o ristoranti aperti così come deserta è anche la bellissima spiaggia sull’oceano….che con queste temperature non invita certo ad un bagno. Per la sera trovo un ristorante aperto vicino all’alberghetto che ho trovato, il Khàch San Phuong Dung (12$ la camera). Non mangio nulla dal mattino e quindi decido di recuperare visto che il menù propone non solo le “prelibatezze tradizionali” ma pesce a volontà. Gamberetti al forno, calamari alla griglia, verdure bollite e delle fantastiche ostriche arricchite da non so cosa ma assolutamente prelibate. Spendo la bellezza di 14$, una esagerazione da queste parti!
30 gennaio – Qûa Lò-Phong Nha – (379km)
Mi godo pienamente questa intensa giornata lungo la Ho Chi Minh Road e nonostante le 10h in sella alla piccola Honda non mi pesa più di tanto. Viaggiare ad una media di 70kmh non solo rilassa la mente, ma fa sì che mi possa godere appieno le bellezze di questo Paese; la strada del resto non consente velocità maggiori. Poco dopo aver lasciato Qûa Lò e quindi percorrendo un tratto di costa prima di inoltrarmi all'interno mi fermo ad una sorta di porticciolo dove sono da poco arrivate le piccole imbarcazioni dei pescatori locali, un'occasione da non perdere per scattare qualche foto ed intrattenermi con loro. Uomini indaffarati a levare il pescato dalle reti e le donne a pulire e suddividere il tutto secondo la specie, granchi e gamberi in particolare
.
31 gennaio – Phong Nha – La mia Loney Planet suggerisce un passaggio dal Parco Nazionale di cui Phong Nha è il centro. Alloggio al bellissimo Phong Nha Farmstay gestito da Ben Mitchell, un simpaticissimo Australiano e dalla moglie, una dolcissima Vietnamita
. Ben è appassionato motociclista e non è difficile trovare con lui argomenti interessanti di cui parlare nonostante il mio pessimo inglese. Mi consiglia l’escursione in barca ad una delle grotte presenti lungo il fiume che attraversa la cittadina. Opto per quella più importante chiamata appunto Grotta di Phong Nha alla cui entrata ci si arriva dopo una buona mezzora di barca (per non accollarsi l’intero costo del trasporto è buona cosa aggiungersi ad altri, cosa che faccio alla biglietteria condividendo il costo con altri sei turisti. Una volta arrivati all’ingresso della grotta l’imbarcazione spegne il motore e il ragazzo e la ragazza che la governano lo fanno con dei remi, la ragazza a prua e il ragazzo a poppa. Dentro è uno spettacolo della natura assoluto in tutti i sensi
. Fatto ritorno alla mia Farmstay decido di fermarmi una notte in più per godermi anche una passeggiata l’indomani tra le risaie attorno dentro le quali uomini e donne lavorano chini nell’acqua. Fotografarli non è assolutamente un problema, anzi si prestano sempre salutandomi poi con un sorriso
. Conosco una simpatica coppia inglese amante dell’Italia ed un viaggiatore solitario, inglese pure lui di Liverpool (tifoso ovviamente dei Reds) con il quale gioco e perdo tre partite a carambola sul biliardo del resort. Due giornate riposanti e piacevolissime! Grazie Ben, amico mio!!!!
1 febbraio Phong Nha-Huè – L’antica capitale Imperiale della dinastia Nguyen merita una sosta e per arrivarci su consiglio di Ben percorro strade secondarie
evitando rigorosamente la trafficata e noiosa A1 e poco importa se alla fine i km fatti saranno probabilmente il doppio! Ho deciso di non tenere il conto dei km fatti giornalmente perché tanto vedo che sono sempre di più di quelli preventivati. Il cuore di Huè è la sua Cittadella che impone assolutamente una visita
. Alloggio in un modesto albergo a buon prezzo e abbastanza vicino al cuore della città. Mi muovo a piedi o con i diffusissimi economici mototaxi alcuni facilmente individuabili per il casco verde pisello del “pilota”
e questi sono probabilmente quelli autorizzati, poi ci sono tutti gli altri più o meno occasionali
. Alternativa piacevole il risciò e la sera ne trovo uno che con un piccolo sovrapprezzo mi porta in giro per Huè buy night; divertente, rilassante e d’aiuto per questi simpatici amici “Charlie” come li chiamo io. Per cena, dopo ormai quasi un mese di "cucina locale", sento il bisogno di trovare alle vecchie abitudini e mi metto alla ricerca di un ristorante Italiano. "Little Italy" fa al caso mio!!
2 febbraio Huè-Hoi An – un duecento km più o meno percorsi quasi interamente sotto una fastidiosa pioggerellina. Percorro la prima parte su una stretta ma piacevolissima strada che per lunghi tratti costeggia letteralmente il mare e le sue numerose lagune. Mi fermo più volte a scattare qualche foto ai pescatori che mi accolgono sempre amabilmente
. Prima di Dà Nang inizia un tratto di autostrada inibito alle moto, ma che avrei evitato comunque, e inizia una lunga salita che in una giornata di sole sarebbe stata sicuramente piacevole, un po’ meno con pioggia e nebbia a tratti fittissima
. Tornati sul mare e superata Dà Nang eccomi alla famosa e plurifotografata Hoi An. Alloggio alla “terrazza” una sorta di Guesthouse trovata su Booking gestita da Nicola, un Milanese trapiantato qui da 15 anni. Il tempo di sistemarmi e farmi una doccia e via alla scoperta della “città vecchia” famosa per le sue lanterne che la sera si accendono in delirio di colori….e ahimè anche di rumorosi turisti per lo più vietnamiti (Nicola dice che son più dell’80%). Ero preparato a questo e dunque non mi meraviglia anche se onestamente non mi ha particolarmente entusiasmato. Per arrivarci dalla “Terrazza” sono una quindicina di minuti a piedi, ma sono disponibili per gli ospiti delle biciclette; la sera quando ci torno per godermi questo spettacolo di luci e colori ne prendo una che all’ingresso della Old Town viene presa in custodia da un tizio per pochissimi centesimi.
3 febbraio – Hoi An – Giornata relax nella tranquillità della “Terrazza” il mattino dove conosco un ragazzo Olandese che lavora in Nuova Zelanda ed ha la ragazza che sta seguendo un Master a Toronto…tutto in zona dunque. Lungo la via che porta alla Hold Town mi fermo ad un chioschetto che avevo già visto ieri dove una signora prepara le tipiche baguette locali da arricchire a piacimento con uova, carne di maiale, salsine varie di natura incerta; per pochi centesimi me ne prendo una che trovo buonissima. Dopo un rilassante massaggio vietnamita mi faccio una passeggiatina in centro dove parlo con alcuni dei famosi sarti locali
che in poche ore di confezionano un abito su misura o più semplicemente una camicia per la quale mi chiedono 25$. La sera il e il ragazzo olandese siamo invitati a cena dalla moglie di Nicola sulla splendida veranda della guesthouse. C’è anche una tavolata di attempate signore vietnamite felici di condividere la cena con noi
. Prima di chiudermi in camera prendo una delle biciclette a disposizione dei clienti e faccio un ultimo giro per una birra alla Old Town ovviamente straripante di turisti che a detta di Nicola sono per l’80% vietnamiti a differenza degli anni pre Covid dove la maggioranza erano stranieri.
4 febbraio - Hoi An-Kom Tum (260km) – Oggi la Ho Chi Minh Road (Duòng Hò Chi Minh)
mi ha regalato km e km di puro divertimento; curve e controcurve su un asfalto quasi sempre perfetto e scorci di paesaggio mozzafiato di un Vietnam forse più autentico e meno turisticamente sviluppato. Una regione questa che durante la guerra è stata teatro di combattimenti furiosi e devastata da centinaia di incursioni dei B-52 americani. A Kon Tum (cittadina del tutto anonima) alloggio all’Hotel Window 2 (ottima camera a 18$) e cena nel ristorantino locale proprio di fronte che sembra un dopolavoro ferroviario frequentato solo da locali e in effetti sono l’unico non indigeno (5€ ottima cena a base di insalata mista e riso saltato seafood…si fa per dire!).
5 febbraio – Kom Tum-Buôn Ma Thuôt (230km) La D-HCM (La strada di Ho Chi Minh dove la D sta per Duong=Strada) si snoda anche oggi sull’altopiano vietnamita con tratti divertenti ad altri più noiosi con interminabili rettilinei. Questa regione è famosa per le piantagioni di caffè (il Vietnam è il secondo produttore al mondo)la cui qualità è ritenuta tra le migliori in assoluto….poi fa niente se qui il caffè non lo sanno bere, almeno per i nostri gusti. Ne bevono in tutte le ore del giorno freddo e con ghiaccio, oppure lo preparano con delle apposite tazze che lo filtrano a caldo, ma i minuti che ci vogliono perché sia pronto nel bicchiere fanno sì che anche in questo caso te lo bevi freddo. Non più risaie dunque, ma infinite piantagioni di caffè. Buôn Ma Thuôt così come ieri Kom Tum non offre granché, è solo un luogo in cui fermarsi per la notte lungo il percorso. Alloggio in ottimo hotel il Coffee Tour Resort dove arrivo nel primo pomeriggio e cerco sul web un ristorante nelle vicinanze (un paio di km). Lo trovo e con il solito mototaxi che a 0,80€ mi ci porta; sembra un ottimo locale ma come succede il più delle volte il menù è solo nella loro lingua, non ci sono le immagini dei piatti e nessuno conosce due parole in inglese. Provo con il traduttore e credo di avere ordinato dei gamberi che da queste parti sono davvero buoni…..ma nel piatto mi ritrovo con dei tranci di pesce di incerta specie. Ho fame e fa bene così non prima di far capire alla ragazza che io con i bastoncini non ci so fare; sorride e mi porta un cucchiaino e una forchettina in miniatura di quelle che da noi capita che le portino per portare alla bocca olive, cipolline o cetriolini da aperitivo. Questi Charlie!!!!
7 febbraio- Ma Thuôt-Cat Tien (270km) Lascio l’anonima Ma Thuôt e mi rimetto in strada sempre percorrendo la HCM Road prima di prendere la bellissima DT755 che si snoda sempre sull’altopiano in un contino saliscendi con un fondo stradale quasi sempre perfetto; mi godo ogni metro di questi km e con una moto che apprezzo giorno dopo giorno sempre di più. Sono a Dang Boa quando mi incuriosisce un sorta di tendone con tavoli apparecchiati e moltissima gente intrattenuta da un complessino che suona musica locale. Non posso fare a meno di fermarmi per qualche foto e un filmato con il cell. E vengo avvicinato da una ragazza che mi invita ad entrare nella casa che sembra il cuore della festa in corso. Penso ad un matrimonio o qualcosa del genere, ma si tratta di tutt’altro. All’interno un’altra donna mi porge uno di quei bastoncini d’incenso che da queste parti usano portare nelle pagode in segno di devozione, invitandomi a porgerlo in un vassoio dove ve ne sono molti altri. Sono imbarazzato, sorpreso e incredulo perché solo dopo qualche istante mi rendo conto che si tratta di un funerale e davanti a me c’è la bara di una giovane donna. Ma come, una festa per un funerale?
Credo di capire che nella cultura di questa gente (ma l’ho constatato anche altrove sia in Asia e in Africa) il modo migliore per salutare una persona cara che ci lascia sia quello di festeggiarla. Risalgo in moto e ci metto qualche istante per riordinare i le idee. Lungo la strada vedo spesso teloni dove vengono distesi ad asciugare dei semi color marrone senza riuscire a capire cosa fossero in realtà e comunque troppo piccoli per essere chicchi di caffè. Mi fermo e cerco di farmi capire con la ragazzina intenta a questo lavoro; ovviamente non parla inglese ma Google fa miracoli e così scopro che si tratta di pepe
. Nel primo pomeriggio son al Green Bamboo Lodge un resort affacciato sul Dong Nai e situato nel Parco Nazionale più importante del Vietnam. Dormo in una palafitta…..piuttosto “vissuta”, essenziale ma più che adeguata alle mie esigenze.
8 febbraio - Cat Tien
Il Green Bamboo Lodge è un "resort" piuttosto spartano, ma vale ampiamente i 23$ a notte. Pranzo con un coetaneo viaggiatore solitario tedesco ed un ragazzo Neozelandese che viaggia anche lui con una motoretta a noleggio. Nel pomeriggio mi organizzo per una escursione in barca sul fiume alla ricerca dei Gibboni una specie di primati, famosi per la loro abilità di "saltatori", abbastanza diffusa in questo parco naturale. In barca con me c'è l'amico tedesco appena conosciuto e lungo la "navigazione" recuperiamo anche 3 simpatiche donne svedesi la cui imbarcazione era rimasta in panne e al loro "barcaiolo" non era rimasto altro da fare che chiedere soccorso. Un pomeriggio piacevole in un luogo davvero magico. La terrazza dove è posto il bar/ristorante si affaccia su fiume e chiudere la giornata sorseggiando una birra accompagnata da un buon sigaro è quanto di meglio mi possa immaginare.
9 febbraio – Da Cat Tien a Câi Rang ….i 320 km più sudati del viaggio! Sudato nel senso che si suda davvero per il caldo umido che mi accompagna, ma soprattutto per quello che ha significato attraversare la città di Ho Chi Minh (o se preferite Saigon) il cui traffico mi ha riportato ad esperienze analoghe vissute in India. La quantità di motorette e scooter di ogni tipo è qualcosa di inimmaginabile e benchè ne fossi preparato del vivo è tutt’altra cosa. Vero che sulle strade principali le moto (di ogni cilindrata) hanno una corsia preferenziale loro riservata (sulle strade a pedaggio le due ruote non pagano), ma posso assicurare che è un vero e proprio delirio. A onor del vero devo constatare che comunque alla guida ci sanno fare, sono svegli e attenti nonostante la più assoluta indisciplinatezza. E poi suonano, suonano in continuazione….. e alla fine mi sono calato nella parte anch’io. Ho deciso di trovare un alloggio a Câi Rang piuttosto che nella più attrezzata e famosa Cân Thò che dista 8km perché da qui arrivo a piedi al “mercato galleggiante” il più grande e famoso del Vietnam senza dovermi organizzare con le decine di battelli che da Cân Thò partono per arrivarci. In hotel chiedo di trovarmi un barcaiolo tutto per me per il mattino seguente e puntuale alle 5.30 eccolo ad aspettarmi con il suo scooter (ma potevo andarci io d lui a piedi in pochi minuti) e in un attimo siamo in barca. E’ ancora buio, ma sta albeggiando e il mercato si sta velocemente attivando. Ecco che arrivano i battelli di cui dicevo con una ventina di turisti a bordo per ognuno, tutti con il giubbotto salvagente di ordinanza….che ovviamente in barca non abbiamo. Il mio “barcaiolo” è uno sveglio e zigzaga tra i barconi del mercato aiutandomi a trovare spunti e soggetti per le mie foto; lo invito anche a non fermarsi alle chiatte dove invece i Tours organizzati si fermano facendo scendere i turisti per bere, mangiare qualcosa o altro. Ci fermiamo invece accostandoci ad un barcone dove una simpatica donna prepara dolcissimi e freschissimi ananas per pochi centesimi
. Un’ora abbondante e siamo di ritorno: costo 12$!!!! Certo non è più il mercato galleggiante di un tempo, ma comunque ancora operativo e non ad uso esclusivamente turistico come quello di Bangkok e credo che la scelta che ho fatto io sia assolutamente la migliore, e anche più divertente.
10 febbraio
Câi Rang non offre granché a parte il ponte che la sera si illumina a festa
e appunto il mercato galleggiante che comunque alle 8 è già finito, ecco perché occorre arrivarci all’alba. Nel pomeriggio però l’unica via che attraversa la città si anima di decine e decine di chioschi che offrono ogni tipo di cibo (ovviamente gusti locali) cucinato in loco. Pesci, polli, topi, animali di incerta specie, frutti di mare, riso, verdure, pesce locale, di tutto e di più. Certo qui la componente igienica è irrilevante e quindi o ti adegui o fai dieta. Io mi adeguo, certo tralasciando topi e altre leccornie che qui vanno per la maggiore. Mi pare di capire che in casa non cucini nessuno (del resto è così anche in gran parte dell’Africa); qualcuno si siede e mangia a dei tavolini in miniatura su sedie in miniatura improvvisati accanto alla cucina mentre altri si fanno impacchettare la cibaria, salgono sullo scooter e se ne vanno. Nulla di nuovo o di originale del resto; da noi non si stanno diffondendo quelli che chiamano “street food” o “take away”!!! Questa sera ostriche del Mekong, calamari cotti in padella del Mekong e una specie di cannolicchi giganti sempre del Mekong; incrocio le dita contro eventuali attacchi di cagozzo...
10-11-12 febbraio SAIGON (Ho Chi Minh City) – Percorro i 160km a ritroso per raggiungere la meta finale di questa avventura, perché più che un viaggio è stata davvero una esperienza avventurosa. Fortunatamente la “cena” di ieri sera non ha lasciato strascichi e, un po' di mal di schiena a parte, sono in buona forma. Mi preoccupa un po' il traffico che troverò avvicinandomi alla città, ma neanche più di tanto, non ho fretta e ormai con le orde di motorini in giro mi muovo senza alcun problema. Raggiungo il mio hotel nel centro storico della città senza troppa fatica; sono al HopTown Hotel mi costa molto più delle sistemazioni precedenti (130€ tre notti), ma è in una posizione strategica (distretto 1) vicina a molti dei luoghi di interesse che offre questa metropoli di 12 mil. di abitanti (….e milioni di scooter). Il Bên Thành Market
, il più famoso della città è a meno di cento metri, così come raggiungibile a piedi il Mercato del Residuati Bellici che merita assolutamente una visita. Da non perdere la Pagoda dell’Imperatore di Giada (Chùa Ngoc Hoàng) luogo di culto più importante per i locali. Il modo migliore per muoversi in città e per raggiungere luoghi d’interesse più distanti è sempre l’utilizzo dei Crog, i mototaxi riconoscibili per casco e giubbetto verde pisello; ce ne sono tantissimi e quindi nessun problema a trovarne uno
. È anche possibile trovarne uno come ho fatto io che si metta a disposizione per più ore facendoti portare dove vuoi e in questo caso chiedono una tariffa a ore sempre da trattare così come per tutti gli acquisti qui in Vietnam; la trattativa è un momento essenziale e anche divertente e un accordo che soddisfi entrami lo si trova sempre. Ero indeciso se andare o meno a visitare i tunnel di Cu Chi, la vasta rete di gallerie sotterranee a Nord di Saigon utilizzate per contrastare le forze USA dislocate in massa in questa zona (già utilizzate ancor prima contro i Francesi) ed hanno avuto un ruolo fondamentale nella preparazione della “offensiva del Têt” che portò di fatto alla sconfitta ed al ritiro delle truppe USA. Alla fine ci sono andato con una delle tante agenzie che organizzano escursioni in giornata anche per gruppi ridotti come nel mio caso (10 in tutto: due australiani, tre francesi, due americani, una inglese, un tedesco e il sottoscritto). Entrare in quei cunicoli come ho fatto io solo per un percorso di 30m dà l’idea di cosa significasse combattere quel tipo di guerra in quelle condizioni. Nonostante i massicci bombardamenti dei B-52 (si calcola che furono sganciate oltre 1 milione di bombe…ma furono usati anche i gas) gli americani non riuscirono mai a bonificare la zona anche a prezzo di molti Marines morti anche in maniera terribile cadendo nelle trappole disseminate dai Viet Con. Un orrore quella guerra assurda, ma che segnò comunque la vittoria di un popolo e la riunificazione del Paese così come è oggi il Vietnam. Una economia con dati di crescita costanti (nonostante il rallentamento degli ultimi tre anni) ma un benessere purtroppo anche qui molto mal distribuito. Oggi ultimo giorno in Vietnam e me lo godo andando in mattinata con il solito mototaxi nel distretto di ChóLôn la più vasta Chinatown del Vietnam con il suo mercato di Binh Tay. Ci arrivo attorno alle 10 e il mercato inizia ad animarsi e probabilmente per vederlo nel pieno della sua attività sarebbe meglio arrivarvi nel pomeriggio, ma anche così si ha l’idea di cosa rappresenti questo mercato, ma in realtà l’intera area di questo distretto
. Non mi perdo una visita alla Pagoda di Miêu Thiên Hâu un bellissimo tempio edificato nel 1700 in onore di Thiên Hâu appunto ovvero la Signora del mare una divinità della religione tradizionale cinese venerata nelle province meridionali della Cina e nelle comunità cinesi all’estero
. Nel pomeriggio vado invece a farmi un giro all’interno del mercato di Dan Sinh che dista una decina di minuti a piedi dal mio hotel. Avevo visto un servizio da qualche parte in tv e mi aveva incuriosito; di fatto è una sorta di bazar dove si trovano cimeli militari della guerra del Vietnam. Di originale credo vi sia ben poco, solo tante imitazioni (bombe a mano comprese) di divise, copricapi, borracce, stivali e altre chincaglierie. Cena al solito Barbecue Garden dove ormai mi conoscono e quando arrivo le cameriere mi riempiono di sorrisi; questa sera calamari, gamberetti misti a cipolle e patate…e le solite due birre.
Si chiude anche questa avventura attraverso due Paesi che mi incuriosivano da tempo e che non hanno assolutamente tradito le aspettative. Attraversarli in moto (…o in barca come sul tratto del Mekong in Laos) è stata un’esperienza ricca come sempre di incontri, emozioni, visioni che solo la strada può regalarti. Con queste moto sono poi un po' tornato indietro di mezzo secolo; niente elettronica, pochi cavalli (…e cilindrate modeste), niente valige, videocamere o oltre diavolerie. Solo due cinghie per legare in qualche modo il borsone dietro la sella….esattamente come allora. Niente navigatore, ma solo perché con il cavo usb attaccato al cellulare con una scheda sim locale come faccio abitualmente, google maps funziona a meraviglia, meglio dei più sofisticati gps. E comunque sempre la vecchia e insostituibile cartina.
Se devo esprimere una mia personale valutazione mi è forse piaciuto di più il Laos, pur con le sue strade spesso disastrate, più povero ma anche meno congestionato del Vietnam. Li accomuna la bellezza della propria gente, il loro sorriso e la curiosità di conoscere chi viene da così lontano. Ho incontrato viaggiatori di tutto il mondo, Stato Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Svezia, Francia, Germania, Svizzera, Belgio, Spagna…..nessun Italiano, a conferma del fatto che il viaggiare da Backpakers non è ancora nelle nostre corde. Al “fai da te” com io mi sono abituato a fare da anni, si preferisce il pacchetto organizzato che certo da meno problemi (forse) a livello di stress, ma quanto si perde in termine di emozioni e di incontri che viaggiando in autonomia riesci a goderti.
Grazie Laos, grazie Vietnam!